Transizione energetica: servono più certezze

Trabeazione energetica
Trabeazione energetica
Il settore della riqualificazione energetica vive uno stallo inatteso causato da provvedimenti governativi disfunzionali rispetto alle reali esigenze di un paese avviato sulla strada della trasformazione: come rimediare?

Transizione energetica: il Superbonus 110% ha risollevato le sorti del comparto dell’edilizia, in crisi da oltre un decennio, e dell’economia nazionale. Ciò nonostante, le continue modifiche alla legislazione hanno disorientato non poco operatori del mercato e cittadini, mettendo a repentaglio commesse già avviate e creando forti difficoltà alle imprese.

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Abbiamo chiesto a Manuel Castoldi (nella foto), presidente di Rete IreNE, quali sono le principali criticità attuali. «Il governo sta penalizzando un intero settore economico, che aveva fatto programmi e investimenti per due anni a seguito del prolungamento del Superbonus a tutto il 2023, prima del blocco della cessione dei crediti fiscali dopo appena un mese. Secondo gli ultimi dati elaborati da Cna, è stata bloccata un’intera filiera che nel 2021 ha contribuito alla crescita del Pil nazionale (+16,4%) e assunto oltre 300 mila persone, ma che nel 2022 si ritrova con il rischio di fallimento per 33 mila imprese e di perdita di 150 mila posti di lavoro».

Un vero e proprio testa-coda

La situazione è drammatica, ma la realtà è ancora più complessa. Un elevato numero di cittadini si erano impegnati a investire sulla propria casa e ora, dopo aver deliberato i lavori, si ritrovano nuovamente in assemblea per discutere cosa fare. Il paradosso è che questi cittadini sono stati incentivati, non solo economicamente, da una politica che da una parte chiede un impegno comune per essere più efficienti e parte attiva della transizione energetica, ma dall’altra ostacola la realizzazione dei progetti concreti. Il risultato è che il sistema bancario ha bloccato la cessione del credito in attesa di regole chiare, certe e soprattutto durature. Tutto ciò comporta non solo complessità procedurali, ma anche una profonda crisi di liquidità che, di fatto, ha reso impossibile il lavoro onesto di professionisti e imprenditori. Un altro aspetto non monetizzabile, ma molto preoccupante, è che questa situazione ha innescato una profonda sfiducia nelle istituzioni e nella transizione energetica, dopo un lungo e faticoso percorso di cambiamento culturale attuato anche grazie al Superbonus 110%.

Cosa si può fare per cambiare lo stato delle cose?

La classe dirigente deve capire che il Superbonus 110% non può essere considerato un mero costo, ma come un investimento positivo, per lo sviluppo economico e sociale del paese. Lo affermano studi autorevoli come “L’impatto sociale ed economico dei Superbonus 110% per la ristrutturazione degli immobili: stime e scenari” (Centro Studi Cni) e l’“Analisi d’impatto economico ex ante del provvedimento superbonus 110%” (Luiss Business School e Open Economics). Il Superbonus 110% libera risorse oggi allocate per la copertura della spesa energetica, che possono essere dirottate a sostegno dell’industria, del commercio, del turismo e delle famiglie. Per spiegare meglio questo concetto basta fare un semplice calcolo. Il costo della “fattura energetica Italia” al 2019 era di 40 miliardi di euro, di cui il 40% per il riscaldamento degli edifici. Assumendo un valore medio minimo di riduzione del fabbisogno energetico post riqualificazione energetica, pari al 50%, si potrebbero liberare 8 miliardi di euro all’anno. Per 20 anni si tratta di 160 miliardi: quasi il valore del Pnrr».

È auspicabile un provvedimento che unifichi e semplifichi l’intera legislazione in materia di bonus edilizi?

Serve certamente una visione e una strategia di lungo periodo che, investendo, incentivino la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio. L’Italia è un paese energivoro: è più che mai necessario ridurre drasticamente i consumi e i fabbisogni energetici. Solo così potremo fare investimenti importanti in fonti rinnovabili e colmare il gap che ci divide dai paesi europei. La vera transizione energetica inizia con la riduzione dei fabbisogni. Non sicuramente con la riapertura delle centrali a carbone, e neanche con il solo utilizzo delle energie rinnovabili, perché a queste ultime servono sistemi efficienti e adeguatamente dimensionati. Abbiamo bisogno soprattutto di un provvedimento che dia certezza, che ponga il mercato in sicurezza e attui un forte controllo su eventuali frodi. È urgente mettere le persone nelle condizioni di lavorare e ripristinare le condizioni di fiducia, sulle quali si basa una società contemporanea che deve investire in efficienza e innovazione».

Cos’è Rete IreNE

Rete IreNE (Rete di Imprese per la Riqualificazione ENergetica degli Edifici) nasce nel 2013 da un’idea imprenditoriale che unisce due settori complementari, edile e impiantistico, con un unico comune denominatore: promuovere la cultura della riqualificazione energetica. Obiettivo di Rete IRENE è rendere la riqualificazione energetica degli immobili alla portata di tutti, trasformandolo in un investimento economicamente sostenibile e conveniente, per rispondere in modo concreto alle urgenti istanze di risparmio energetico, sostenibilità ambientale e migliore qualità di vita. Nell’ottobre 2020 è nata IRENE S.R.L. SOCIETÀ BENEFIT, organo comune di Rete IreNE e primo soggetto giuridico nazionale specializzato nella realizzazione di interventi di riqualificazione energetica integrata. (G.L.F.)

 

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