Transizione ecologica e governo del territorio: non c’è tempo da perdere

Transizione ecologica territorio
Serve un provvedimento nazionale che fornisca una direzione chiara e univoca. Nel frattempo, i legislatori regionali stanno continuando a emanare provvedimenti spesso disomogenei tra loro

Transizione ecologica e governo del territorio: non c’è tempo da perdere.

Stiamo vivendo un’importante stagione di riforme: il piano nazionale di ripresa e resilienza ha posto alla legislazione futura molti obiettivi ambiziosi che mettono al centro la sostenibilità degli interventi. In particolare, in campo urbanistico, la sostenibilità tanto auspicata dal Pnrr si traduce in una congerie di interventi legislativi che spesso non hanno una matrice comune perché nascono da iniziative legislative di fonte e rango diversi (ad esempio nazionali e regionali) stratificatesi nel corso del tempo: la riforma della rigenerazione urbana e quella sul consumo di suolo, che si uniscono alle misure del Pnrr in materia di siti inquinati, di dissesto idrogeologico, di efficientamento energetico degli immobili e di recupero dei borghi.

 
Perché tante direzioni?

L’urbanistica è una scienza composta da molti settori, che spazia dal territorio costruito a quello da sviluppare, passando per quello da preservare e da tutelare, tant’è che la Carta Costituzionale non usa più il termine “urbanistica”, bensì quello di “governo del territorio”, lasciando, quindi, margine alla possibilità di includere in questa materia i molteplici aspetti dell’uso del territorio.

Oggi, quindi, accanto a norme che vogliono “sanare” pezzi di città non più funzionali e non utilizzati, ne troviamo altre che tendono a porre argini a nuovi sviluppi e altre ancora che, strutturali e di sistema, guardano alle deficienze strutturali del nostro territorio.

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Carmen Chierchia, partner del Dipartimento Real Estate e responsabile del team di diritto urbanistico

In relazione al primo gruppo di interventi, si colloca il disegno di legge sulla rigenerazione urbana, oggi in fase di discussione in Senato e che si sovrappone alle iniziative legislative già compiute (ossia con leggi in vigore) da parte di alcune Regioni (Lombardia, Emilia Romagna e Veneto in primis). È questo un disegno di legge che pone la rigenerazione urbana come un obiettivo da raggiungere per fasi pianificatorie (prima della Regione, poi del Comune) e che ha attirato molte critiche da parte delle associazioni di categoria per l’assenza di norme di semplificazione delle procedure edilizie e perché si tratta di una legge percepita con una visione riduttiva che connette la rigenerazione solo in caso di degrado.

Fatto sta che in attesa di interventi nazionali, i legislatori regionali stanno continuando a emanare provvedimenti (da ultimo, la Regione Lombardia con la legge n. 11/2021 ha modificato la disciplina del recupero degli immobili dismessi) e i Comuni e gli operatori, facendo leva su previsioni regionali e dei piani comunali, riprogettano immobili dismessi e aree urbane per renderli più confacenti alle attuali esigenze della cittadinanza.

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I punti

Ma la rivoluzione verde non si ferma alla riprogettazione dell’esistente: il Pnrr entra in campo con misure dedicate ad affrontare alcuni problemi strutturali del territorio: dissesto idrogeologico, tutela delle risorse idriche e la salvaguardia della biodiversità.

Secondo le intenzioni del Pnrr, il legislatore dovrà proporre una efficace politica nazionale, «di natura preventiva e non urgente» per contrastare il dissesto idrogeologico e a tal proposito dedica circa 8,5 miliardi di euro e destina 4,5 miliardi di euro al miglioramento della gestione delle risorse idriche.

Anche i siti contaminati entrano nel mirino del Pnrr: consapevoli della presenza nel nostro territorio di molti siti produttivi dismessi che hanno causato contaminazioni e privi di un soggetto che si sia fatto carico della procedura di bonifica, il piano destina mezzo miliardo alla bonifica dei cosiddetti siti orfani, al fine di dare ai terreni un “secondo uso” favorendo il loro reinserimento nel mercato immobiliare.

Altre riforme di interesse per il territorio, sono quelle che prevedono misure di modernizzazione della gestione dei 24 parchi nazionali e delle 31 aree marine protette e interventi per la riqualificazione del corso del Po; inoltre, nell’ottica di una rivoluzione verde, le 14 città metropolitane saranno chiamate a sviluppare boschi urbani e periurbani.

 

La rigenerazione urbana

Sulla rigenerazione urbana manca una regia unica, con regole chiare e direttrici valide per tutte le regioni. Il risultato? Norme frammentarie, un panorama disomogeneo e contrastante. La rigenerazione urbana di un territorio così ricco di storia (anche industriale), così fragile necessiterebbe di una sostanziale riforma, della legge urbanistica nazionale e del testo unico dell’edilizia. Tuttavia, la discussione sul disegno di legge sulla rigenerazione urbana e il consumo di suolo, attualmente in corso, sta facendo registrare polemiche continue tra gli operatori per la complessità procedurale che sta proponendo e l’assenza di norme di semplificazione.

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