Finanza sostenibile: un interesse sempre più spiccato

Finanza sostenibile
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L'attrazione per questa espressione del mercato è cresciuta. È quanto emerge da un rapporto che analizza non soltanto il nostro Paese, ma tutta Europa. Se nel 2019 il 39% delle società di investimento dichiarava di non attuare politiche ambientali e sociali, nel 2021 la percentuale è scesa al 28%. È quanto emerge dal monitoraggio curato dalla «Fondazione Finanza etica». Ma attenzione al “green washing”

Finanza sostenibile.

L’interesse per la finanza sostenibile non è mai stato così alto, ma i rischi di “green washing” sono altrettanto elevati. È quanto emerge dal quarto «Rapporto sulla finanza etica in Europa» con i risultati del monitoraggio di «Fondazione Finanza etica»: nei primi tre mesi del 2021, circa due miliardi di dollari al giorno sono stati investiti in fondi “sostenibili”, la metà di tutti i soldi investiti in fondi in Europa. Se nel 2019 il 39% delle società di investimento dichiarava di non attuare politiche Esg, quindi ambientali, sociali e di governance, specifiche nell’attività finanziaria e bancaria, nel 2021 le istituzioni finanziarie completamente “indifferenti” all’etica sono scese ad appena il 28% del totale.

Il piano d’azione

Lo scorso 10 marzo è entrato in vigore il primo regolamento europeo – Ue 2019/2088 adottato nell’ambito del «Piano d’azione per la finanza sostenibile» che mira a introdurre una definizione condivisa del termine “sostenibilità” per gli investimenti finanziari e a disporre una serie di obblighi di trasparenza nei confronti degli operatori che li gestiscono.

 

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Definire e regolare la finanza sostenibile si inserisce in un percorso dell’Ue per riorientare i flussi di capitale privato, gestire i rischi derivanti dai cambiamenti climatici e promuovere obiettivi di lungo termine. Il piano prevede una classificazione delle attività sostenibili, l’introduzione di standard per i green bond, linee-guida sulla pubblicazione di informazioni sugli impatti sul clima e altre su rendicontazione e trasparenza in materia ambientale. Si tratta di un percorso che fissa parametri condivisi per stabilire quali investimenti possano definirsi sostenibili: un passo avanti rispetto alla situazione in cui ogni banca o gestore poteva dichiararsi “sostenibile” usando criteri arbitrari.

Una linea segnata

Il messaggio che emerge da Andrea Baranes, vicepresidente di Banca Etica è chiaro: «La finanza etica è molto più che sostenibile». La finanza etica si pone l’obiettivo di una trasformazione del sistema economico e finanziario. Ne è un esempio l’attività di azionariato critico per modificare il comportamento delle grandi aziende, così come la partecipazione a reti e campagne per la giustizia sociale e ambientale. Baranes, inoltre, spiega che ci sono delle differenze tra la “finanza sostenibile” come intesa dall’Ue e la finanza etica. Il modello Ue di finanza sostenibile, per esempio, non rimette in discussione la massimizzazione del profitto come unico obiettivo dell’attività finanziaria. La sostenibilità rischia quindi di diventare un semplice fattore competitivo, se non di marketing. La finanza etica ribalta questo approccio: persegue utili economici, ma solo perché funzionali all’obiettivo di fondo che è massimizzare i benefici per la società e il Pianeta. Inoltre, la finanza sostenibile risponde a un modello “a scaffale” che si concentra quasi esclusivamente sul singolo prodotto finanziario e non su una visione olistica. La conseguenza è la proposta di alcuni prodotti per rispondere a una richiesta del mercato o soltanto per ripulirsi l’immagine, mentre il resto delle attività continua ad avere impatti fortemente negativi.

Un’altra differenza riguarda la definizione stessa di sostenibilità: per l’Ue è molto schiacciata sugli impatti ambientali, mentre la visione della finanza etica è più ampia. «Il tema è di fondamentale importanza e urgenza – sottolinea Andrea Baranes – ma non è sufficiente: per la finanza etica vanno presi in considerazione tutti i possibili impatti ambientali, sociali e di governance di un’operazione finanziaria».

Maggiore redditività

Dal «Rapporto» emerge che le banche etiche, diverse dalle altre non solo per i criteri sociali e ambientali che adottano, ma anche per la loro particolare struttura patrimoniale, concedono più crediti e offrono più conti correnti e depositi. Inoltre, sono più vicine ai piccoli risparmiatori e alle famiglie e meno coinvolte in attività sui mercati finanziari e hanno una maggiore redditività, con risultati meno volatili nel tempo e mostrando una migliore reazione alla crisi dovuta alla pandemia. Il confronto tra le banche etiche/sostenibili e il sistema bancario europeo nel suo complesso ha sostanzialmente confermato i risultati già evidenziati nello scorso rapporto del 2018. «Ancora una volta – spiega Mauro Meggiolaro, che ha guidato la realizzazione del «Rapporto» – le banche etiche si sono dimostrate molto più orientate a offrire servizi all’economia reale rispetto alle banche tradizionali. Sono mediamente più solide dal punto di vista patrimoniale e più redditizie, sia in termini di Roa che di Roe. Il confronto, inedito, con le banche di credito cooperativo ha evidenziato che le banche etiche/sostenibili sono parenti strette delle banche cooperative, anche per quanto riguarda la struttura patrimoniale», precisa Baranes.

La filosofia del cambiamento

La nuova normativa comunitaria sulla finanza sostenibile è una conferma di come la cultura finanziaria stia cambiando. Lo spiega Marco Piccolo, presidente di «Fondazione Finanza etica», che chiede di riflettere «su come l’abitudine ad analizzare i numeri, confrontare dati e benchmark ed elaborare i più sofisticati indicatori possa farci allontanare dal come e da dove nascono quelle domande a cui poi si cerca di rispondere con cifre.

Finanza sostenibile
Marco Piccolo, presidente di «Fondazione Finanza etica»

Matematica, econometria, statistica sono molto importanti nel nostro lavoro, ma se non ci chiediamo in quale mondo vorremmo vivere, che tipo di relazioni vorremmo costruire, quanta importanza diamo agli altri nella ricerca della nostra felicità, quanto il nostro interesse contempli anche quello degli altri, rimane alto il rischio di confondere gli obiettivi con gli strumenti. E se questo accade, la conseguenza più diretta può essere quella di non contribuire realmente a quei processi di cambiamento per i quali ci sono state date fiducia e risorse». (L.M.)

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