Da metano a idrogeno: sarà vera svolta?

Metano idrogeno
Metano idrogeno
L’idrogeno sarà uno dei protagonisti della decarbonizzazione del sistema energetico italiano ed europeo, anche per la sua elevata versatilità: è ipotizzabile che possa sostituire il metano, anche solo in parte? E che cosa è necessario predisporre a livello di filiera e di mercato? Ne abbiamo parlato con Giuliano Dall’Ò, docente di fisica tecnica ambientale presso il Politecnico di Milano

 

Attualmente circa il 97% dell’idrogeno prodotto è ottenuto da fonti fossili mentre soltanto il 3% si ottiene tramite l’elettrolisi dell’acqua. L’idrogeno è utilizzato prevalentemente nell’industria, mediante processi con emissioni climalteranti molto elevate, perciò non compatibili con gli obiettivi di sostenibilità ambientale della transizione energetica. Nel prossimo futuro, invece, l’idrogeno sarà utilizzato principalmente per lo stoccaggio dell’elettricità prodotta in eccesso dalle centrali solari, eoliche e di altro tipo. Ne abbiamo parlato con Giuliano Dall’Ò, docente di fisica tecnica ambientale presso il Politecnico di Milano, presidente del sottocomitato 1 “Trasmissione del calore e fluidodinamica” del comitato termotecnico italiano e coordinatore dell’Mce Lab.

 

 

Quanto dovremo aspettare per un lancio definitivo dell’idrogeno?

Al contrario del metano, che può essere ancora estratto dal sottosuolo, la molecola dell’idrogeno è scarsamente presente in natura e va, quindi, prodotta consumando energia. Le linee guida della strategia europea in materia prevedono l’uso dell’idrogeno blu (ottenuto dallo steam reforming del metano o dalla gassificazione del carbone, con sequestro della CO2 per ridurre le emissioni), in un periodo transitorio (indicativamente fino al 2030) durante il quale dovrà svilupparsi la filiera dell’idrogeno verde (sostenibile perché ottenuto per elettrolisi consumando solo energia rinnovabile).

 

In pratica l’idrogeno verde eviterà lo spreco di energia rinnovabile, ma sarà quest’ultima a sostituire le fonti fossili.
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Il professor Giuliano Dall’Ò del Politecnico di Milano

È così. In meno di una decina d’anni si prevede che, nei periodi in cui la produzione delle centrali rinnovabili non sarà in grado di coprire la domanda istantanea di elettricità, l’energia accumulata nell’idrogeno verde sarà resa disponibile agli utilizzatori (mediante combustione in cogeneratori a combustione interna o conversione chimica in celle a combustibile), attraverso le stesse reti di distribuzione dell’elettricità. Ovviamente esistono numerosi altri impieghi possibili per l’idrogeno, ad esempio come combustibile per il trasporto e per la climatizzazione degli edifici. L’industria automobilistica ha imboccato con decisione la strada dei veicoli a batteria elettrochimica ricaricabile, ma altri mezzi di trasporto come camion, bus, treni, navi e aerei potrebbero utilizzare l’idrogeno sia con motori a combustione interna sia con le più efficienti celle a combustibile. Sul fronte della climatizzazione, invece, sono in corso sperimentazioni su caldaie alimentate sia con miscele metano-idrogeno sia con solo idrogeno. Nel primo caso l’idrogeno potrebbe rivelarsi utile nel breve-medio termine, anche per ridurre la dipendenza dai paesi produttori di metano, mentre non mi convincono le caldaie 100% idrogeno: una pompa di calore elettrica può garantire tutto il comfort necessario con un rendimento energetico più elevato.

 

I requisiti dell’idrogeno verde

Secondo il regolamento Ue 2020/852, la quota delle emissioni climalteranti per la produzione di idrogeno verde dev’essere inferiore a 3 tCO2 per ogni tonnellata di idrogeno puro (H2), lungo l’intero ciclo di vita. Questo limite esclude:

  • l’idrogeno grigio e marrone, ottenuti rispettivamente dal metano e dal carbone;
  • l’idrogeno blu, per il quale il processo prevede anche il sequestro della CO2;
  • l’idrogeno giallo, prodotto da elettrolisi utilizzando elettricità altamente derivante da combustibili fossili.

Solo la produzione di idrogeno mediante elettrolisi e utilizzando energia elettrica rinnovabile soddisfa il requisito, ma il costo di produzione è oggi almeno il doppio rispetto all’idrogeno grigio.

 

Cosa possiamo aspettarci dall’introduzione dell’idrogeno verde?

Si tratterà di una svolta epocale che, in parte, è già in atto sia per effetto del previsto abbandono dei combustibili fossili, sia della progressiva decentralizzazione della produzione dell’energia da fonti rinnovabili. La sfida tecnologica consiste nella produzione di idrogeno verde a costi competitivi e, per vincerla, c’è solo una strada: creare sinergie tra i paesi europei, per definire un sistema di incentivazione e facilitare lo sviluppo della filiera e del mercato.

L’elettricità sarà perciò la principale forma di energia disponibile e, grazie allo sviluppo di nuove tecnologie e della produzione dell’idrogeno, sarà utilizzata sempre di più anche per produrre calore specie per le applicazioni industriali. In prospettiva la possibilità di stoccaggio attraverso l’idrogeno – come anche tramite gli accumuli elettrochimici, il pompaggio idroelettrico, ecc. – trasformerà l’energia da bene a servizio.

 

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Gli investimenti per l’elettrolisi

Secondo le linee guida della strategia nazionale dell’idrogeno rilasciate nel 2019 dal Mise, l’obiettivo di capacità degli elettrolizzatori per produrre l’idrogeno verde è nell’ordine di 5 GW al 2030. I relativi investimenti sono stimati in circa 10 miliardi di euro, di cui 5-7 miliardi per la produzione vera e propria (escluse le fonti energetiche rinnovabili necessarie, 2-3 miliardi per lo sviluppo delle infrastrutture e 1 miliardo per la ricerca. In particolare, il Pnrr prevede un investimento di circa 450 milioni di euro per la realizzazione di un grande impianto industriale, destinato a produrre elettrolizzatori con una capacità di circa 1 GW entro il 2026. Le aziende che lo realizzeranno devono essere individuate entro giugno 2022.

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